Ma cosa sto facendo? Non è neanche vera. Se avessi i soldi che sarebbe costata non farei ciò che sto per fare. Però sembra vera e questo basterà. Spero. Ho paura. Mi sciacquo il viso con l'acqua più fredda che il lavandino è in grado di fornirmi. Sto già meglio. Apro la portiera della mia auto. Lo scatto della portiera fa uno strano suono nel silenzio. Secco. Quasi uno sparo. Do gas al motore. Invece del potente ringhio del motore che avrei voluto sento lo stanco sferragliare di un motore vecchio. Forse è per questo che lo sto per fare. Forse perché penso che non ho ancora finito di pagare le rate di una così povera auto. È autunno. Il cielo è ghiacciato. Le nuvolette prodotte dal mio respiro affannoso vanno a condensarsi sul vetro. Eccomi. Sono davanti all'entrata della banca come chiunque altro volesse fare un prelievo. Ma io non avrei potuto prelevare gran che. Non ci sono agenti. È solo una squallida banca di una squallida cittadina. In un lampo indosso il passamontagna e punto la pistola, finta, in faccia all'addetto ai prelievi. Mi trema la mano. Sto sudando. Lui sbianca in viso e con voce tremula
giovedì, febbraio 14
Alzati! È già mattino
Alzati! È già mattino. Ricordati hai un impegno. Mi alzo già nervoso. È freddo. Indosso un paio di jeans e una camicia piuttosto sporca. Vado in cucina. Tutto è pronto. Controllo il caricatore della clock.
Ma cosa sto facendo? Non è neanche vera. Se avessi i soldi che sarebbe costata non farei ciò che sto per fare. Però sembra vera e questo basterà. Spero. Ho paura. Mi sciacquo il viso con l'acqua più fredda che il lavandino è in grado di fornirmi. Sto già meglio. Apro la portiera della mia auto. Lo scatto della portiera fa uno strano suono nel silenzio. Secco. Quasi uno sparo. Do gas al motore. Invece del potente ringhio del motore che avrei voluto sento lo stanco sferragliare di un motore vecchio. Forse è per questo che lo sto per fare. Forse perché penso che non ho ancora finito di pagare le rate di una così povera auto. È autunno. Il cielo è ghiacciato. Le nuvolette prodotte dal mio respiro affannoso vanno a condensarsi sul vetro. Eccomi. Sono davanti all'entrata della banca come chiunque altro volesse fare un prelievo. Ma io non avrei potuto prelevare gran che. Non ci sono agenti. È solo una squallida banca di una squallida cittadina. In un lampo indosso il passamontagna e punto la pistola, finta, in faccia all'addetto ai prelievi. Mi trema la mano. Sto sudando. Lui sbianca in viso e con voce tremula l'uomo digita un codice allo sportello e tira fuori alcuni pezzi da cinquecento. in quel momento sento la sirena della polizia.
Qualcuno mi ha visto. In un attimo sono sull'auto con l'acceleratore premuto. E circa diecimila euro in mano. Ne volevo di più.
Sto andando ai centotrenta chilometri all'ora in centro città evitando tutte le troppe macchine che mi intralciano. Il suono della sirena si avvicina. Ho tre volanti a una trentina di metri dal paraurti posteriore. Sto perdendo terreno. Sono venticinque metri. Venti. Ho paura. Ci sono dei bambini in mezzo alla strada! Cosa fanno?! Stanno giocando. Se li tiro sotto sono salvo. I
poliziotti si fermeranno a soccorrerli non ci passeranno sopra. Ma io non sono un assassino. Non voglio essere un assassino! È
uno stradone trafficato. Molto trafficato. È una larga strada di selciato. Forse antica. Ci sono due auto nelle corsie laterali. E di lato ad esse due edifici gialli, la pioggia fluisce dalle grondaie fino a due fossetti a bordo strada. Il cielo e bianco e piatto. I bambini sono in fila e si tengono i cappotti a vicenda mentre attraversano la strada. Avranno sette...forse otto anni. Passo? O mi faccio arrestare? Tutto aspetta una decisione. Ma come c***o ci sono finito qui!? Ricordo quella mattina di qualche mese fa. Non ricordo esattamente quando fosse stato che uscivo da quella vecchia casa con l'avviso di sfratto. Era un documento su una carta sottile, liscia, fredda. Avevo messo i miei miseri soldi nel tentativo di rivoltare la mia grigia vita. Ricordo quanto fossero uguali quelle giornate. Andavo a quel triste garage a riparare auto. Il capo li era un uomo grasso sulla cinquantina che pensava già alla pensione. Ogni auto per lui era solo un inutile ultimo strazio prima della fine del turno. Ricordo quanto fossi giovane e appassionato il primo giorno. Ottenuta la licenza da quello squallido istituto professionale pensavo che sarebbe stato bello lavorare. Ma quell'uomo mi aveva già trasmesso quello stanco e straziato sguardo verso ciò che facevo. Volevo dare una svolta alla mia grigia vita. Volevo fondare un officina mia. Già la immaginavo bella, con potenti e costose auto da revisionare. Volevo metterci un bel tavolo di metallo. Tutto era così perfetto nella mia mente... ma la vita fu
spietata. La piccola attività commerciale non funzionava. In quella squallida città non c'erano ricchi che portavano a revisionare belle auto. Pochi vecchi mi portavano i loro sferraglianti rottami. Pochi mesi e dovetti chiudere. Non avevo lavoro e ,con i debiti, in breve arrivò quel foglio. Questa vita spietata mi aveva anche tolto la casa. E così sono bloccato a questo semaforo. Quei bambini sono li in mezzo alla strada.
Qualcuno ha mai sacrificato qualcosa per me? No. perché dovrei sacrificare la mia libertà per questi bimbi idioti che giocano in
mezzo alla strada?! Io parto. Sento sotto il piede l'acceleratore. Sono quasi partito. Ma sono davvero così messo male? No! pianto il piede sinistro sul pedale del freno ed esco dall'auto con le mani alzate e la pioggia in faccia. La pioggia nasconde le mie lacrime.
È finita. La mia vita finirà in cella come quella di un qualunque disperato criminale che esigeva troppo. Mi si bagnano i capelli
sotto la pioggia gelata. Volevo essere qualcosa di più di prima e ora sono un qualunque rapinatore.
No. Un qualunque rapinatore li avrebbe messi sotto. Io non sono un qualunque rapinatore. Sono solo un povero disperato che voleva troppo. Ma non sono un assassino. No non sono un assassino. Forse alla fine sono più di uno squallido criminale.
Ma cosa sto facendo? Non è neanche vera. Se avessi i soldi che sarebbe costata non farei ciò che sto per fare. Però sembra vera e questo basterà. Spero. Ho paura. Mi sciacquo il viso con l'acqua più fredda che il lavandino è in grado di fornirmi. Sto già meglio. Apro la portiera della mia auto. Lo scatto della portiera fa uno strano suono nel silenzio. Secco. Quasi uno sparo. Do gas al motore. Invece del potente ringhio del motore che avrei voluto sento lo stanco sferragliare di un motore vecchio. Forse è per questo che lo sto per fare. Forse perché penso che non ho ancora finito di pagare le rate di una così povera auto. È autunno. Il cielo è ghiacciato. Le nuvolette prodotte dal mio respiro affannoso vanno a condensarsi sul vetro. Eccomi. Sono davanti all'entrata della banca come chiunque altro volesse fare un prelievo. Ma io non avrei potuto prelevare gran che. Non ci sono agenti. È solo una squallida banca di una squallida cittadina. In un lampo indosso il passamontagna e punto la pistola, finta, in faccia all'addetto ai prelievi. Mi trema la mano. Sto sudando. Lui sbianca in viso e con voce tremula
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